Il 23 Febbraio u. s, la ‘zona rossa’ di Codogno, Castiglione d'Adda e Casalpusterlengo isolava 50.000 persone. In bergamasca, la situazione progressivamente si aggravava, non solo in Val Seriana, ma anche nella Bassa. Televisioni e giornali, 24 ore al giorno, -come in effetti anche ora-parlavano solo di ‘contagi’, emergenza, paura ed ansia. I numeri drammatici accrescevano nella popolazione i timori per la salute, il futuro delle attività lavorative, i figli che non potevano frequentare regolarmente la scuola, od uscire serenamente di casa. Le nuvole si sovrapponevano ad un cielo, di fatto azzurro. Sembrava che la televisione ormai non fosse in grado che di parlare solo del dramma, mentre i ‘drammi del mondo’ (guerra in Libia, migranti in Grecia, dittatura in Turchia, e molto altro) scomparivano perfino dalle Agenzie Stampa. Tramite i ‘social’, le persone si stringevano le une alle altre, ‘postando’ continui messaggi di reciproco sostegno, inventando quei numerosi hashtag (‘cancelletto’ -#- associato a parole chiave che facilitano le ricerche tematiche in un social network) del genere #iorestoacasa. Intanto, si faceva strada un sogno diverso: #noiscriviamodacasa, una possibilità sempre vera e non solo legata alla ‘chiusura’. In quei giorni, una maestra ed altri amici, insieme alla Parrocchia di San Michele Arcangelo in Arcene, idearono un segno che nell’oscurità ridesse luce e conforto: le fiamme azzurre. Lumini, che venivano accesi ogni sera sui davanzali di molte case ad illuminare un pensiero, una preghiera … per tracciare un sentiero capace di cogliere un senso in quanto accadeva. Da quella prima iniziativa, incontrando numerose persone della porta accanto, come anche gli Alpini, in prima linea in tutti questi mesi, la stessa Maestra, Irene Carminati, sognava un passo oltre, partendo dalla propria professione di insegnante elementare. Tramite amici, la pagina facebook di Fiammazzurrarcene e giornali, Maestra Irene propose di aiutare i bambini delle scuole, tra i sei e i tredici anni.